L’arte dell’incertezza: come destreggiarsi tra caso, ignoranza, rischio e fortuna David Spiegelhalter Pellicano (2024)
Mentre mi sedevo a leggere quello di David Spiegelhalter L’arte dell’incertezzagran parte dell’attenzione mondiale era rivolta alle elezioni presidenziali americane del 2024. Le previsioni hanno inondato i notiziari e i social media, dicendo che la gara era troppo vicina per essere annunciata. Quando sono usciti i risultati – una clamorosa vittoria per Donald Trump – hanno messo a nudo i limiti dei modelli predittivi, che sono soggetti a ipotesi, incertezze e cambiamenti nel comportamento degli elettori. Si è scoperto che era il momento ideale per leggere un libro che sottolinea l’importanza dell’umiltà quando si affronta l’incertezza e le previsioni.
Perché la probabilità probabilmente non esiste (ma è utile agire come se esiste)
Spiegelhalter, un rinomato statistico, ha realizzato un esame magistrale su come comprendere, misurare e comunicare l’incertezza. La sua grande capacità di tradurre concetti statistici complessi in un linguaggio accessibile è pienamente visibile. Attingendo a decenni di esperienza, intreccia accuratamente aneddoti storici, esempi del mondo reale e rigorose analisi statistiche per fornire una panoramica completa.
Questo libro si chiede come possiamo utilizzare i dati e l’analisi statistica per prendere decisioni informate di fronte all’incertezza. Fornisce ai lettori gli strumenti per pensare in modo critico al rischio e al caso, consentendo loro di fare scelte migliori nella loro vita. Spiegelhalter espone i limiti del ragionamento intuitivo sull’incertezza, sostenendo la sostituzione dei sentimenti viscerali con un’analisi basata sull’evidenza. Incoraggia i lettori a mettere in discussione le proprie ipotesi e dimostra come anche domande apparentemente semplici possano avere risposte sorprendentemente complesse.
L’incertezza è personale
Spiegelhalter apre evidenziando come l’interazione tra caso, ignoranza, rischio e fortuna possa plasmare le nostre vite in modi inaspettati. La sua spiegazione mi ricorda un’antica parabola cinese del vecchio che perse il cavallo. In questa storia, il cavallo di un anziano contadino fugge, spingendo gli abitanti del villaggio a esprimere simpatia per la sua sfortuna. Il vecchio risponde: “Come fai a sapere che porta sfortuna?” Subito dopo, il cavallo ritorna con un cavallo selvaggio, portando gli abitanti del villaggio a congratularsi con lui per la sua buona fortuna. Ancora una volta, chiede: “Come fai a sapere che questa porta fortuna?” Il ciclo continua, mentre si svolgono eventi apparentemente buoni e cattivi, ognuno dei quali sfida le ipotesi sulla fortuna e sulla sfortuna.
L’incertezza non è quindi una proprietà intrinseca degli eventi, scrive Spiegelhalter, ma piuttosto un riflesso della conoscenza, della prospettiva e delle ipotesi della persona che cerca di comprendere o prevedere tali eventi. Varia da persona a persona e da situazione a situazione, anche quando le circostanze sono identiche. È soggettivo e modellato da ciò che sappiamo o non sappiamo in un dato momento.
Spiegelhalter distingue due tipi principali di incertezza: l’incertezza aleatoria, ciò che non possiamo sapere, e l’incertezza epistemica, ciò che non sappiamo. Comprendere questa distinzione è fondamentale per prendere decisioni informate. Mentre l’incertezza aleatoria è spesso irriducibile, l’incertezza epistemica può essere ridotta al minimo attraverso una migliore raccolta dei dati, modelli perfezionati o indagini più approfondite.
La previsione richiede umiltà
Un tema centrale intrecciato in tutto il libro di Spiegelhalter è l’importanza dell’umiltà nella previsione. In un’epoca in cui gli scienziati spesso si sentono spinti a fornire certezza, e il mondo la reclama a gran voce, il suo appello a riconoscere i limiti della nostra conoscenza è rinfrescante e necessario. Attraverso esempi convincenti, dalle previsioni economiche ai modelli climatici, dimostra come anche i nostri strumenti statistici più sofisticati si basino su presupposti che possono rivelarsi fragili.
Sottolineando che “tutti i modelli sono sbagliati, ma alcuni sono utili”, sostiene la trasparenza sui presupposti e sui limiti dei modelli. Riconoscere l’incertezza aumenta, anziché diminuire, la credibilità e la fiducia del pubblico, scrive. Consente scelte più informate e sfumate e porta a risultati migliori.
Ci introduce anche ad argomenti di “profonda incertezza”, come come potrebbe apparire l’intelligenza artificiale tra 25 anni, di cui non possiamo nemmeno elencare tutti i possibili risultati, per non parlare di assegnare loro delle probabilità. Questo onesto riconoscimento della nostra fondamentale ignoranza è in netto contrasto con le false certezze che spesso vengono proiettate nel discorso pubblico.